«Un luogo indecente, così vicino agli ebrei»

Originariamente pubblicato sul blog personale di Sergio Bontempelli

Una Chiesa in pieno centro, a Pisa, la cui collocazione è considerata «sconveniente» per la sua vicinanza al quartiere ebraico. Una «pescheria» che produce acque di lavorazione difficili da smaltire. Problemi ambientali ed «emergenza sicurezza», un secolo e mezzo fa…

Quella che vedete qui sopra è la bella Chiesa di Sant’Andrea a Pisa, oggi sconsacrata. Nell’Ottocento la sua collocazione era da alcuni considerata sconveniente, prossima com’era «al ricettacolo delle donne di partito» (le prostitute) e «circondata in gran parte dalle abitazioni degli israeliti». La chiesa si trovava, infatti, nel bel mezzo del quartiere ebraico della città. L’attuale Sindaco Marco Filippeschi, se fosse vissuto in quel periodo, si sarebbe prodigato a spiegarci che, certo, gli ebrei non sono criminali e usurai, però attorno a loro si crea una percezione di insicurezza, a cui bisognerà pur dare qualche risposta. E magari avrebbe provveduto a sgomberare il ghetto… Ma non divaghiamo, e restiamo ai fatti.

Il problema della Chiesa di S. Andrea emerse, attorno alla metà del XIX secolo, nell’ambito di una delle prime questioni ambientali discusse in città: quella della pescheria. Il mercato del pesce si trovava allora in Via Palestro, di fronte alla Chiesa di S. Pierino: una zona all’epoca popolare, anche un po’ malfamata, eppure vicinissima al Lungarno, alla «vista magnifica» che incantava i turisti e inorgogliva gli intellettuali «locali» [cfr. Emilio Tolaini, Pisa. La città e la storia, ETS, Pisa 2007, pag. 208]. A due passi dalla pescheria, d’altra parte, c’erano i macelli pubblici e il mercato della frutta e della verdura: un connubio esplosivo dal punto di vista ambientale. Come spiega Emilio Tolaini, «le acque di lavorazione della carne, del pesce e delle verdure ponevano seri problemi di smaltimento che il decrepito sistema di scoli non era in grado di assicurare, aggravando la situazione ambientale di una zona fitta di vicoli, di edilizia molto densa, sviluppata in altezza, per lo più fatisciente, occupata dalla parte più povera della popolazione, quindi con sacche di delinquenza e di prostituzione» [E. Tolaini, cit., pag. 208].

La questione della pescheria, oggetto di dibattito sin dal ‘700, emerse con forza nel 1837, quando le autorità locali decisero di trasferire le attività di lavorazione e di vendita del pesce in una zona più consona, attigua all’attuale Tribunale. Il progetto del 1837 prevedeva in particolare il trasferimento della pescheria nella Chiesa di S. Andrea, la quale sarebbe stata chiusa al culto, con una motivazione che oggi sembra incredibile: la Chiesa era mal situata, perchè troppo vicina alle prostitute e al quartiere degli ebrei [Lucia Nuti, Pisa, progetto e città 1814-1865, Pacini Editore, Pisa 1986, pagg. 148-150]. In preparazione dei lavori, la Chiesa fu sconsacrata, furono preparati i progetti per la demolizione e per la costruzione, al suo posto, della nuova pescheria.

Gli abitanti della zona, però, opposero resistenza: la Chiesa, secondo loro, non andava demolita, e nel corso del 1839 si moltiplicarono petizioni e proteste per la sua ripartura al culto. Spinta dalle pressioni, la Magistratura (oggi si direbbe l’Amministrazione Comunale) cambiò idea, e predispose un progetto che spostava la pescheria a pochi metri dalla sua collocazione originaria, senza utilizzare la Chiesa di S. Andrea [L. Nuti, cit., pag. 150]. Ma in questo modo suscitò le proteste di segno opposto della Camera di soprintendentenza comunitativa (un organo granducale di controllo), che lamentava l’atteggiamento ondivago delle autorità locali: la Magistratura pisana rispose con una dettagliata relazione del suo ingegnere, nella quale si dimostrava che «S. Andrea, collocata nel punto più basso della zona, una volta trasformata in pescheria avrebbe avuto gravi problemi di fognatura, mentre il nuovo progetto elaborato avrebbe assicurato all’edificio aria e ventilazione sufficienti: tutte ragioni che consigliavano la restituzione della Chiesa ai parrocchiani» [L. Nuti, cit., pag. 150].

Intanto, nel 1845, la Chiesa di Sant’Andrea riaprì al culto, e l’Arcivescovo locale chiese l’allontanamento delle prostitute dalla zona. Ma l’anno dopo, il 14 Agosto del 1846, una forte scossa di terremoto colpì gravemente il quartiere, lesionando alcuni fabbricati tra i quali la stessa pescheria. Questa venne trasferita provvisoriamente in Piazza S. Paolo, in attesa di una sistemazione definitiva.

Negli anni ’50, però, della pescheria si parlò sempre meno. Il quartiere fu oggetto di un ambizioso intervento urbanistico, che prevedeva lo sventramento del vecchio tessuto medievale e la costruzione di una nuova strada di collegamento tra Piazza S. Caterina e i Lungarni: l’attuale Via Cavour. Ma questa è un’altra storia.

Sergio Bontempelli, 6 Giugno 2008