Bluegrass, l’illusione della tradizione

Originariamente pubblicato sul blog di Sergio Bontempelli

Questo è Foggy Mountain Breakdown, un celebre pezzo di Earl Scruggs. Il genere musicale cui appartengono brani di questo tipo si chiama bluegrass, che significa letteralmente «erba blu» (vedremo tra poco perchè). E i ritmi bluegrass evocano, alle orecchie di un ascoltatore distratto, i suoni della tradizione rurale profonda degli Stati Uniti: qualcosa, quindi, la cui origine si perde in un tempo lontano. In realtà, come accade in altri casi simili, anche il bluegrass ha una precisa data di nascita, molto più recente di quanto si possa supporre.

Il suo padre fondatore si chiama infatti Bill Monroe, ed è vissuto tra il 1911 e il 1996. Nel 1939, questo straordinario musicista pubblica una versione riarrangiata di un vecchio brano di Jimmy Rodgers, Muleskinner blues («il blues del mandriano»): e proprio l’esecuzione di Muleskinner Blues da parte di Bill Monroe viene indicata comunemente come la «data di nascita» del nuovo genere musicale. Si tratta, come si vede, di un fenomeno relativamente recente [cfr. Mariano De Simone, La musica country, Castelvecchi, Roma 1997, pag. 201].

Per rendersi conto di quanto siamo distanti da un mitica «tradizione» (essa stessa, del resto, frutto di evoluzioni e contaminazioni, tutt’altro che immobile), basta vedere e ascoltare con attenzione il video che trovate sopra. Il banjo, per esempio, viene suonato con tre dita, secondo uno stile (detto «three fingers roll») che si afferma solo tra gli anni Trenta e i Quaranta: in precedenza, i musicisti «tradizionali» pizzicavano le corde con due dita soltanto, cosa che finiva per rendere molto più fragile il suono, e per relegare il banjo a semplice strumento di accompagnamento [cfr. M. De Simone, cit., pagg. 135-136]. Sempre nel video, noterete che viene usata la slide-guitar (la cosiddetta «chitarra hawaiana»): uno strumento che arriva negli Stati Uniti dopo la Prima Guerra Mondiale, e che viene utilizzato per la prima volta nella musica country, tra il 1927 e il 1930, da Tom Darby e Jimmie Tarlton [cfr. M. De Simone, cit., pag. 136]. Dunque già nel video si possono osservare – al di là di una superficiale «aria di famiglia» con le musiche rurali della cosiddetta «tradizione» – notevoli apporti innovativi, che fanno del bluegrass uno stile assolutamente sui generis.

Le «string-bands» e le origini del bluegrass

Le origini di questo nuovo genere sono state rintracciate nel Sud degli Stati Uniti, nella musica delle string-bands [gruppi costituiti esclusivamente da strumenti a corda] attive nel periodo a cavallo tra le due guerre mondiali: le string-bands – presenti nell’area appalachiana già nel XIX secolo nella forma del duo fiddle / banjo, e perciò in qualche modo «tradizionali» – conoscono una nuova fortuna in particolare negli anni ’30, grazie anche alla diffusione della radio e dei dischi.

Mentre, in generale, il fenomeno delle string-bands contribuisce ad una «riscoperta» delle melodie rurali del Sud – che tornano ad essere protagoniste dello scenario musicale, accanto al country moderno -, nel mondo dei gruppi attivi in questo periodo si registrano due modi diversi di intendere la propria attività. Se alcuni continuano a riproporre il repertorio tradizionale dei canti e delle ballate di montagna, molti altri tentano la strada della sperimentazione, dell’innovazione e dell’ibridazione di musiche diverse. In questa seconda direzione si muove, per esempio, l’introduzione di modalità di canto simili al blues degli afroamericani, l’inserimento di nuovi strumenti musicali (la slide-guitar, che abbiamo già visto, ma anche il mandolino di origine europea) e di nuove tecniche (come il three finger roll per il banjo). Così, all’interno della cosiddetta old-time music cominciano ad emergere fermenti nuovi, ben visibili in gruppi come i North Carolina Ramblers di Charlie Poole [per l’ascolto di alcuni pezzi di questo gruppo vai qui] o i J.E. Mainer’s Mountaineers [cfr. M. De Simone, cit., pagg. 133-138].

La nascita del bluegrass

Queste nuove tendenze vengono codificate in un vero e proprio genere musicale da Bill Monroe, considerato il «padre fondatore» del bluegrass. Nato a Rosine, nel Kentucky, il 13 Settembre 1911, da una famiglia di umili origini, impara a suonare dallo zio Pendleton Vanderver (Uncle Pen), noto fiddler, e dal bluesman Arnold Schultz. A 17 anni emigra a Chicago, dove trova lavoro come operaio in una raffineria: comincia a suonare il mandolino, e con i fratelli – anche loro emigrati – fonda il suo primo gruppo musicale, i Monroe Brothers, che ottiene un discreto successo. Dopo la rottura con i fratelli costituisce nel 1939 un nuovo gruppo, i Bluegrass Boys, in onore della sua terra di origine, il Kentucky, dove si dice che alcune erbe abbiano infiorescenze dalla colorazione blu. E bluegrass diventa anche il nuovo stile musicale, inaugurato da questo riarrangiamento di un pezzo di Jimmie Rodgers, Muleskinner Blues:

[per le informazioni su Bill Monroe e la nascita del bluegrass vedi: M. De Simone, cit., pagg. 198 e ss.; Silvio Ferretti, Bill Monroe (1911-1996) – The Father of Bluegrass Music, in «Country Store», n. 34, anno 1996]

Negli anni ’40, il nuovo genere musicale viene definitivamente codificato, grazie anche all’opera di grandi musicisti come Earl Scruggs, Lester Flatt, gli Stanley Brothers e molti altri.

Dall’oblio alla riscoperta

Dopo l’iniziale successo, il bluegrass viene letteralmente «dimenticato» con l’avvento del rock ‘n roll, attorno alla metà degli anni ’50: in quel periodo – per citare Mariano De Simone – «chi non accettava le contaminazioni di chitarre elettriche o altre innovazioni era tagliato fuori dal mercato discografico» [M. De Simone, cit., pag. 210]. Il bluegrass continua ad esistere, continua anche ad evolversi, ma in una nicchia di musicisti colti, sostanzialmente estranei ai circuiti discografici di massa. Questo genere musicale, d’altra parte, si trasforma in una sorta di «scuola», di trampolino di lancio iniziale per autori che poi, alla ricerca del successo, finiscono al country o al rock.

Negli ultimi anni, però, il bluegrass sembra conoscere una nuova fortuna, grazie ad almeno due gruppi che lo fanno uscire dalla ristretta cerchia degli appassionati: da un lato le Dixie Chicks, che con Natalie Maines «inventano» una string-band di tipo nuovo, un po’ country, un po’ rock e un po’ bluegrass; dall’altro lato, con Alison Krauss, la prima cantante bluegrass dall’impostazione tradizionale a «sfondare», assieme agli Union Station, nel pubblico country e country-rock legato al potente circuito commerciale di Nashville. Vale la pena concludere questo post con un piccolo «assaggio» proprio di Alison Krauss: