Originariamente pubblicato su «Percorsi di Cittadinanza», supplemento mensile di «Aut&Aut» a cura dell’Anci Toscana, n. 9, Settembre 2005
«Chiediamo il superamento dei Centri di Permanenza Temporanea. […] Invece di aggredire i nodi spinosi della clandestinità [essi] colpiscono nei loro diritti le singole persone […] Noi pensiamo che la clandestinità vada combattuta favorendo l’apertura di canali di ingresso legali, varando programmi seri di cooperazione allo sviluppo, riconoscendo il diritto d’asilo, promuovendo politiche di integrazione sociale». Così scrivevano, l’11 Luglio scorso, 14 Presidenti delle Regioni – tra le quali la Toscana – riuniti nel “Forum Nazionale Mare Aperto”.
Pochi giorni dopo, il 21 Luglio, le agenzie di stampa diffondevano i dati della Corte dei Conti proprio sulla gestione dei CPT: soltanto nel 2004, lo Stato avrebbe speso quasi 80 milioni di euro. I risultati, in termini di contrasto all’immigrazione clandestina, sarebbero però scarsi o nulli: la metà degli stranieri trattenuti non è stata rimpatriata, e i centri di permanenza, oggetto di contestazioni per la loro dubbia costituzionalità, si sono rivelati inefficaci anche sul piano repressivo.
Eppure, c’è chi pensa che non sia possibile una diversa politica dell’immigrazione: “non c’è alcuna alternativa ai CPT”, ha detto per esempio Giorgio Napolitano sul Corriere della Sera del 3 Luglio, “tant’è che non c’è alcuna proposta, se non quella irresponsabile di chiuderli senza sostituirli con nulla”.
Un’affermazione lapidaria e senza appello: idealmente smentita, però, dalle numerose associazioni e reti sociali presenti al Meeting Antirazzista di Cecina. Che hanno presentato a tutte le forze politiche un vero e proprio “decalogo” di proposte operative immediatamente praticabili: ratifica della Convenzione ONU sui diritti dei lavoratori migranti, introduzione della cittadinanza di residenza, approvazione di nuove leggi su cittadinanza, asilo e diritto di voto, superamento della politica delle quote, chiusura dei CPT, regolarizzazione permanente, passaggio di competenze dalle Questure agli enti locali.
Pochi giorni dopo, il 27 Luglio, il campeggio della Rete Antirazzista Siciliana incontra i Sindaci delle zone coinvolte negli sbarchi di migranti: ne emerge un’articolata proposta, presentata alle Prefetture, per sostituire i luoghi di trattenimento per i profughi – CPT e centri di identificazione, spesso confusi in strutture detentive uniche di dubbia legalità – con spazi di accoglienza gestiti direttamente dagli enti locali. Alla logica repressiva ed espulsiva, insomma, le associazioni e le amministrazioni siciliane propongono di sostituire quella della solidarietà.
Alternative ai CPT, dunque, esistono, ed hanno il pregio di provenire da chi opera direttamente, “sul campo”, a fianco degli immigrati: associazioni, società civile, enti locali, Regioni. Se si tratti di proposte ragionevoli e concrete, oppure “irresponsabili” e velleitarie, è naturalmente materia di discussione. Ma, dopo le vicende di quest’estate, chi ancora sostiene le ragioni delle politiche espulsive deve fornire alcune spiegazioni: è ragionevole spendere 80 milioni di euro all’anno per sostenere strutture che violano i diritti umani, e che per di più non riescono ad allontanare i migranti “indesiderati”? E’ ragionevole condannare alla clandestinità gli stranieri che non riescono ad entrare nelle “quote”, anche se magari hanno maturato in Italia un inserimento sociale e lavorativo? E’ ragionevole vincolare l’ingresso per lavoro ad una preventiva – ed improbabile – “assunzione a distanza”, firmata da un datore di lavoro in favore di uno straniero ancora all’estero?
Concretezza e realismo, forse, stanno altrove: non certo nelle politiche migratorie degli ultimi anni.
Sergio Bontempelli