Il ricongiungimento familiare a Pisa

Originariamente pubblicato in «Percorsi di Cittadinanza», supplemento mensile di «Aut&Aut» a cura dell’Anci
Toscana, Settembre 2005

La Provincia di Pisa registra da alcuni anni un basso numero di ricongiungimenti familiari. Secondo dati dell’Aprile 2002 (gli ultimi disponibili), i permessi di soggiorno per motivi familiari costituirebbero il 24% del totale, che scendono al 18% se si considera la sola città capoluogo, a fronte di una media nazionale superiore al 31% (fonti: Osservatorio Politiche Sociali della Provincia di Pisa, Dossier Statistico Caritas 2003).

Il motivo di questa scarsa presenza di familiari “ricongiunti” è probabilmente da ricercarsi nella peculiare tipologia di inserimento sociale degli immigrati: molte zone della Provincia di Pisa – in particolare il capoluogo – hanno subito processi di deindustrializzazione e terziarizzazione. Così, gli immigrati presenti sul territorio non hanno accesso al lavoro industriale (se si esclude la zona del Valdarno), ma a mansioni e impieghi caratterizzati da un alto livello di precarietà: lavoro di cura (colf e badanti), edilizia, ristorazione ecc. Le basse retribuzioni, il carattere spesso sommerso di questi lavori, non consentono di avere i requisiti per chiamare regolarmente i propri familiari: così, l’istituto del ricongiungimento – uno dei più importanti per garantire la stabilizzazione di un percorso migratorio – risulta poco utilizzato dai migranti.

Le difficoltà rischiano di inasprirsi con le nuove norme introdotte dal Regolamento di Attuazione della legge Bossi Fini. Lo “Sportello Unico” deve ancora di fatto entrare a pieno regime: il Ministero dell’Interno ha individuato il direttore all’interno della Direzione Provinciale del Lavoro. Ma, nel corso dell’Estate, lo Sportello Unico provvisorio coordinato dalla Prefettura ha già definito alcune prassi che dovrebbero caratterizzare il “nuovo corso”. In particolare, è stato previsto l’obbligo, per gli stranieri che intendano chiamare i propri familiari, di avere l’autorizzazione del proprietario dell’alloggio. In altre parole, oltre ai requisiti di “idoneità” della casa, oltre al contratto di affitto, lo straniero deve produrre un ulteriore documento, che dimostri il consenso del proprietario dell’alloggio. Una disposizione che è apparsa inutilmente vessatoria, e che dopo le proteste unanimi di associazioni ed enti locali era stata revocata dalla Prefettura. Tuttavia, ci risulta che in alcuni casi è stato comunque richiesto questo documento. Si tratta, probabilmente, di una delle questioni su cui si discuterà dopo la pausa estiva.

Sergio Bontempelli