Originariamente pubblicato su Corriere delle Migrazioni

Le stazioni di Firenze e Roma cacciano i rom per attrarre i turisti. Ma tre gelati nella Capitale costano 42 euro. Da chi e da cosa vanno tutelati i turisti?

«Turisti ostaggio di rom e ladri» (Quotidiano Nazionale, 10 Luglio). «Firenze, assedio ai turisti in stazione» (Corriere della Sera, 7 Luglio). «Barriere anti-rom per salvare i turisti» (Il Giornale, 17 Luglio). A sentire i giornali di questi giorni, le “barriere anti-mendicanti” alla Stazione di Firenze dovrebbero proteggere i tanti visitatori che, soprattutto dall’estero, vengono a trascorrere le loro tranquille vacanze nel nostro Bel Paese.

Che questo sia lo scopo principale dell’iniziativa, lo conferma un comunicato di NTV, l’azienda che gestisce i famosi treni “Italo”: «l’immagine che offriamo alle migliaia di turisti», dice la nota, riferendosi ai mendicanti che chiedono l’elemosina alla stazione, «è una brutta cartolina del nostro Paese». E lo certifica anche il Sindaco di Firenze Dario Nardella, quando afferma che i rom «provocano un grave danno d’immagine alla città».

Insomma: se vogliamo rilanciare l’economia delle nostre città d’arte, se vogliamo valorizzare il patrimonio culturale e artistico del paese, bisognerà prendere iniziative che invitino a visitare l’Italia, che la presentino come un luogo attraente e pulito. E si dovranno, dunque, allontanare gli “straccioni” che ci fanno fare brutta figura nel mondo.

È per questo che la Prefettura, la Questura e il Comune, in accordo con l’azienda che gestisce la stazione ferroviaria, hanno preso il provvedimento che ha fatto tanto discutere: l’accesso alle biglietterie è stato transennato, e i mendicanti sono stati allontanati dalle forze dell’ordine. Ne ha parlato mezza Italia, e non staremo qui a dare per l’ennesima volta la notizia: ci interessa piuttosto soffermarci sull’impatto reale che una cosa del genere può avere sull’economia turistica delle nostre città.

Il turismo in crisi
Partiamo da un dato di fatto: non è un mistero che il turismo in Italia stia vivendo una drammatica fase di crisi. Ce lo dicono le cifre dell’organizzazione mondiale per il turismo (Unwto), che mostrano un crollo spaventoso del settore. Nel 1950 la quota di viaggiatori che sceglievano l’Italia per le loro vacanze era del 19%: nel mondo, dunque, un turista su cinque visitava il nostro paese. La cifra è scesa al 7,7% nel 1970, e al 6,1% nel 1990. Il picco negativo è stato raggiunto l’anno scorso (2013), quando la percentuale è crollata al 4,4%. Siamo passati da un turista su cinque a uno su ventitrè…

Si dirà: colpa della crisi economica. La gente non ha più soldi e viaggia sempre meno. Non è vero. Secondo un recente studio della Coldiretti, nel 2013 l’intera Europa ha registrato un incremento del +5% di flussi rispetto all’anno precedente. E il turismo, a livello globale, è uno dei pochi settori a non essere toccato dalla crisi. Tra l’altro, paesi in gravissima difficoltà economica hanno registrato incrementi significativi nel 2013: la Grecia il +13,2%, il Portogallo +7,1%.

Le ragioni del crollo…
Quali siano le ragioni del crollo, provano a spiegarcelo alcune inchieste dettagliate e ben fatte. Va detto che l’argomento è complesso, e i fattori sono tanti: vediamo di elencarne alcuni. La già citata indagine Coldiretti, ad esempio, ci spiega che l’Italia è la meta più costosa del Mediterraneo: qui da noi, alberghi e ristoranti costano il 10% in più rispetto alla media europea. Sempre a paragone con la media continentale, in Spagna si spende il 9% in meno, in Grecia -12%, Portogallo e Croazia viaggiano attorno a -20%, e così via.

Ma è soprattutto la qualità dell’offerta che lascia a desiderare. In proposito, un recente dossier del Touring Club (ben sintetizzato da Gian Antonio Stella sul Corriere) è letteralmente impietoso: prezzi alti, servizi scadenti e sciatti, scortesia diffusa, scarsa conoscenza delle lingue straniere da parte degli operatori. E poi musei e negozi chiusi nei giorni festivi, poca cultura dell’ospitalità, informazioni non chiare o inaccessibili. Infine, incapacità di innovare l’offerta: «come se tutto ci fosse dovuto», dice Stella, «in quanto “Paese più bello del mondo”». Per non parlare di Pompei che cade a pezzi (e stendiamo un velo pietoso).

… e i bidoni
Per chiudere questo simpatico quadretto, bisogna aggiungere che l’Italia è notoriamente il «paese dei bidoni». Soprattutto nelle città d’arte. Dove – è la notizia di questi giorni – tre gelati possono costare 42 euro (è successo a Roma). Dove un giro in gondola, nella romantica Venezia, può costare al turista straniero il doppio del dovuto (è accaduto pochi mesi fa). Dove per due lattine di coca e un caffè si rischia di spendere venti euro (è accaduto giusto giusto a Firenze, l’anno scorso, e l’ha denunciato lo scrittore Fabio Volo).

Queste cose i turisti le sanno, e grazie a internet e ai social network le notizie girano. Solo qualche anno fa, i quotidiani giapponesi lanciarono una vera e propria campagna contro lo Stivale, accusato di truffe ai danni dei visitatori stranieri, di prezzi insostenibili, di servizi scadenti, insomma delle cose che sappiamo e che sono sotto gli occhi di tutti.

Cosa c’entrano i rom?
Già, ma cosa c’entrano, in tutto questo discorso, gli “zingari”? Qui la faccenda è un po’ complicata, perché per un verso i rom – poveretti – non c’entrano nulla, per un altro verso sono loro i protagonisti di questa storia. Prima di spiegare il perché, partiamo da una domanda: cosa si dovrebbe fare per risollevare dalla crisi il settore turistico?

Come sempre, servirebbero risposte politiche complesse, articolate, multidimensionali. Bisognerebbe investire nella formazione degli operatori, nell’innovazione dell’offerta, nella competitività del sistema. Bisognerebbe aver cura del nostro patrimonio storico e artistico, vera e propria miniera d’oro su cui siamo seduti. Andrebbe avviata una politica dei prezzi che tenga conto dello straordinario valore delle nostre città d’arte, ma anche della ragionevolezza e dell’equità: tre gelati non possono costare 42 euro. E i nostri alberghi non possono essere i più cari del Mediterraneo…

Ma tutto questo è difficile, troppo difficile. Chi amministra la cosa pubblica è abituato a risposte semplici e schematiche, da dare in pasto a giornali e TV. E quindi, invece di avviare una discussione sulla crisi del turismo, si lancia un’iniziativa di sicuro effetto: cacciare gli “zingari”, i mendicanti, gli accattoni, gli “straccioni”. Prendersela con i poveri, si sa, funziona sempre. E non costa nulla.

Intendiamoci. Che molti turisti siano “infastiditi” dalle richieste di elemosina, è assai probabile. Il mendicante che chiede spiccioli alla Stazione non è – da che mondo è mondo – un “problema di sicurezza” (siamo seri, per favore!), ma può essere sicuramente motivo di fastidio: perché ti chiede soldi mentre stai cercando di capire come funziona quella maledetta biglietteria automatica che non ti ha dato il resto, perché magari insiste un po’ troppo, perché per dargli gli spiccioli dovresti cercare nelle tasche e hai altro da fare. O perché ti ripete in modo ossessivo che ha bisogno di denaro, mentre tu di denari ne hai già dati troppi a Trenitalia, al tassista, all’albergatore, al barista, al cameriere…

Insomma, per i mille motivi che sappiamo, un mendicante può essere fastidioso: è, comunque, meno molesto di un gelataio che esige 42 euro per tre coni striminziti. E però, siccome si vogliono “attrarre i turisti” senza irritare troppo i gelatai, la cosa più semplice da fare è prendersela coi soliti noti, i rom (invece che con i gelatai).

Ora, al di là di considerazioni etiche che tanto non ascolta più nessuno, il dubbio è che una strategia del genere non funzioni. Perché, certo, il turista sarà contento di avere i questuanti fuori dai piedi. Ma quando avrà visto i prezzi (e la qualità) dei treni, degli alberghi e dei gelati, è probabile che scappi a gambe levate dall’Italia. Vorrà dire che il prossimo anno gli spiegheremo che anche il gelataio, in fondo in fondo, è “zingaro”. E al prossimo gelato da 42 euro, sgombereremo un altro campo rom.

Sergio Bontempelli

7 Agosto 2014