Originariamente pubblicato sul sito di Adif – Associazione Diritti e Frontiere
La condizione di irregolarità in cui vivono molti migranti è da tempo insostenibile e inaccettabile, e lo è a maggior ragione nella fase di pandemia che stiamo vivendo in queste settimane. In primo luogo, la presenza di uomini e donne «invisibili», senza diritti, compromette la coesione sociale e rende più difficile l’attuazione delle misure di profilassi. In secondo luogo, l’irregolarità alimenta i circuiti del lavoro nero, grigio e sommerso, mette a repentaglio la sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici coinvolti, e genera un’imponente evasione contributiva. Infine, interi settori produttivi (come l’agricoltura) registrano serie carenze di manodopera, anche per il venir meno di quasi 1 milione di lavoratori stagionali provenienti dai paesi UE.
In una fase così straordinaria non si possono continuare a utilizzare gli strumenti ordinari di regolazione dei fenomeni migratori: tanto più che questi strumenti si sono rivelati lesivi dei diritti fondamentali, e spesso inefficaci rispetto ai loro (discutibili) scopi dichiarati.
Per questo, guardiamo con favore ai diversi appelli circolati in questi giorni (lanciati, ad esempio, da alcuni dirigenti sindacali, dai Radicali o dalla Campagna Ero Straniero) nei quali si propone una regolarizzazione degli stranieri che vivono nel nostro paese. In particolare, come Adif abbiamo aderito all’appello «Siamo Qui: Sanatoria Subito», sottoscritto da numerose associazioni, che chiede – in attesa di «un profondo ripensamento delle politiche migratorie» – l’avvio di una regolarizzazione «che abbia come unico presupposto la presenza in Italia a oggi».
Condividendo pienamente quest’ultima proposta, riteniamo utile suggerire alcune misure concrete, che potrebbero rappresentare – se attuate – un primo, tangibile risultato a beneficio degli uomini e delle donne migranti presenti in Italia, e che al contempo potrebbero «smuovere le acque» di un contesto politico e sociale in movimento. Avanziamo qui di seguito alcune proposte, che ovviamente potranno essere integrate da suggerimenti e valutazioni che cercheremo di recepire.
Moratoria su dinieghi, preavvisi di rigetto e revoche di titoli di soggiorno
Nel contesto di drammatica emergenza sanitaria che stiamo vivendo, molte Questure continuano a notificare preavvisi di rigetto, dinieghi e revoche dei permessi di soggiorno. Allo stesso modo, le Prefetture continuano a notificare i rifiuti delle richieste di protezione internazionale emessi dalle Commissioni Territoriali. Si tratta a nostro avviso di comportamenti irresponsabili e inaccettabili, lesivi – tra l’altro – dei diritti di difesa e di partecipazione al procedimento amministrativo (si ricorda che è molto difficile, nell’attuale situazione di isolamento in casa, trovare un avvocato). È dunque necessario e urgente sospendere, almeno fino al 15 Giugno prossimo, tutti i dinieghi, preavvisi di rigetto e tutte le revoche dei titoli di soggiorno: si tratterebbe di una misura coerente con le finalità del cosiddetto «decreto cura-Italia» (n. 18/2020), che all’articolo 103 prevede una proroga di tutti i permessi e di tutte le autorizzazioni in scadenza; la norma andrebbe opportunamente ampliata, o interpretata in modo estensivo.
Al tempo stesso, anche al fine di ridurre il contenzioso, si dovrebbe prevedere il riconoscimento d’ufficio di una protezione umanitaria a tutti coloro che hanno presentato istanza (anche reiterata) e che abbiano ricevuto un rifiuto, e a coloro che sono ancora in attesa di essere convocati per l’audizione in Commissione. Infine, è opportuno prorogare fino a 21 anni i permessi di soggiorno per minore età in scadenza.
Proroga visti o presenze per turismo e possibilità di conversione
Molti cittadini stranieri si trovano oggi in Italia con visti per turismo, oppure sono entrati in esenzione di visto, potendo soggiornare per un periodo massimo di tre mesi. Il citato «decreto cura-Italia» n. 18/2020 prevede all’articolo 103 che «tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, in scadenza tra il 31 Gennaio e il 15 Aprile 2020, conservano la loro validità fino al 15 Giugno 2020». Il visto turistico è da intendersi come un’autorizzazione, e rientra senz’altro in questa norma: si tratterebbe tuttavia di specificarlo, anche con circolare interpretativa. Sarebbe opportuno inoltre prevedere, almeno in questa fase di emergenza, la possibilità di convertire il soggiorno turistico (anche nei casi di esenzione del visto) in un permesso di soggiorno per inserimento stabile.
Iscrizione al Servizio Sanitario per tutti
È oggi quanto mai urgente garantire a tutti l’assistenza medica prevista dal Servizio Sanitario Nazionale. In teoria, anche i migranti irregolari possono accedere alle «cure urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative», come recita l’art. 35 comma 3 del Testo Unico Immigrazione; all’atto pratico, però, le Regioni non garantiscono un’effettiva assistenza a coloro che non hanno il permesso di soggiorno. Come documenta una recente inchiesta condotta dal Naga e dalla Simm, in molti casi gli irregolari possono accedere solo ad ambulatori gestiti dal volontariato, o sono costretti ad andare al Pronto Soccorso: cosa, quest’ultima, che le linee guida emanate dal Ministero della Salute raccomandano esplicitamente di non fare in tempi di coronavirus. Vi sono infine i cittadini stranieri che soggiornano per motivi di turismo, che sono esclusi dall’accesso all’STP e non possono iscriversi al SSN.
In concreto, il Governo potrebbe emanare un decreto urgente che sospenda temporaneamente l’attuazione di alcune norme del Testo Unico, in particolare l’art. 34 comma 1 che subordina l’accesso al SSN alla regolarità del soggiorno. In via provvisoria, l’iscrizione al Servizio Sanitario dovrebbe essere garantita alle persone presenti a qualsiasi titolo sul territorio, indipendentemente dalla titolarità di un permesso di soggiorno e dalla residenza anagrafica.
Ricordiamo che queste proposte sono attualmente il modo migliore per dare attuazione alle norme costituzionali in materia di diritti fondamentali, in particolare quelle di cui all’articolo 2 («La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo») e all’articolo 32 («La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti»).
Negli 8 CPR (Centri di Permanenza per il Rimpatrio) attualmente in funzione risultavano presenti, alla data del 31 Marzo, 344 persone (fonte Garante per i detenuti). Pensiamo da sempre che il sistema CPR (come ogni altra forma di detenzione amministrativa) sia da abolire ma, mai come oggi, questo obiettivo si rende urgente.
L’Italia potrebbe far propria la raccomandazione del 26 Marzo scorso, con cui la Commissaria per i diritti umani al Consiglio d’Europa Dunja Mijatovic invitava a chiudere le strutture di detenzione e a bloccare qualsiasi nuovo ingresso. La circolare della Ministra dell’Interno Lamorgese, anch’essa del 26 Marzo, non segue affatto tali indicazioni, e prevede misure in molti casi impraticabili e insufficienti (tra cui l’isolamento di alcuni detenuti). La “sospensione” della libertà di circolazione nell’area Schengen rende ancor più priva di senso la detenzione amministrativa.
Da ultimo la chiusura biunivoca delle frontiere impedisce di rimpatriare gli irregolari, e rende quindi del tutto irrealistiche – oltre che illegittime per violazione dell’art. 15 della Direttiva 115/2008 – le misure di espulsione e il connesso trattenimento nei Cpr.
Per tale ragione si impone la necessità di sospendere anche formalmente tutte le espulsioni, e di chiudere tutti i CPR, garantendo sistemazione in accoglienza volontaria alle persone ad oggi trattenute. Chiediamo alle istituzioni che si utilizzi questo periodo di chiusura per rivedere radicalmente il tema delle espulsioni, le ragioni e le modalità con cui queste sono state finora, pressoché illegittimamente, eseguite.
Riesame delle domande di asilo, reintroduzione della protezione umanitaria
Oggi che è scoppiata anche in Italia la pandemia da COVID-19 e che le prospettive di ritorno nei paesi di origine sono comunque azzerate, a fronte della situazione di emergenza sanitaria che si vive nei CAS, più che nei centri SIPROIMI – ex SPRAR, e della chiusura di tutte le frontiere anche per le operazioni di rimpatrio forzato, chiediamo con forza provvedimenti amministrativi di riesame delle decisioni di diniego ed il rilascio a tutti i richiedenti di un permesso di soggiorno provvisorio, convertibile alla scadenza in un permesso per ricerca lavoro.
Occorre accelerare al massimo le procedure istruttorie ancora aperte, senza procedere ad ulteriori audizioni, per riconoscere a tutti coloro che sono arrivati in Italia in condizioni di minore età un permesso di soggiorno per integrazione sociale e per eliminare gli effetti perversi dell’applicazione retroattiva della legge n. 132 del 2018. Occorre anche una modifica legislativa che reintroduca l’istituto della protezione umanitaria, in attuazione di una previsione costituzionale (art. 10 Cost.), con la conseguente abrogazione, per la parte che la riguarda, della legge n. 132 del 2018. Occorre, infine, sospendere anche formalmente i trasferimenti previsti dal Regolamento Dublino.
Una regolarizzazione per «ricerca di lavoro»
Si propone una regolarizzazione non immediatamente vincolata ad un rapporto di lavoro, né ad un’offerta di impiego (requisiti che difficilmente possono venir soddisfatti in un periodo di pandemia): una regolarizzazione «per ricerca di lavoro», dunque, il cui esito potrebbe essere il rilascio del permesso di soggiorno «per attesa occupazione» di cui all’articolo 22 comma 11 del Testo Unico Immigrazione. In considerazione della straordinaria situazione economica e sanitaria, non sarebbero richiesti – ai fini del rilascio di tale documento – i due requisiti indicati nel Testo Unico: la previa titolarità del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, e la perdita del posto di lavoro.
Come previsto dalla legge, il permesso così rilasciato avrebbe validità di un anno (eventualmente rinnovabile ai sensi della Circolare del Ministero dell’Interno prot. n. 0040579 del 03-10-2016), e dovrebbe – alla scadenza – poter essere convertito in altro permesso, qualora lo straniero ne abbia i requisiti.
Le domande di regolarizzazione dovrebbero essere inviate in forma telematica, mediante il Portale Nulla-Osta, il sito Cupa Project, o con altro strumento. La ricevuta dell’istanza, unitamente al passaporto, potrebbe valere come titolo di soggiorno provvisorio, valido anche per svolgere attività lavorativa ed ottenere la residenza anagrafica.
Adif- Associazione Diritti e Frontiere
9 Aprile 2020