Espulsioni, un sistema vecchio e inefficiente. I dati di una disfatta

Dal blog personale di Sergio Bontempelli

“Gli stranieri arrivano qui e nessuno li ferma”, “ci vorrebbero più espulsioni, ma lo Stato sta a guardare”, “dobbiamo rimandarli a casa loro”… Quante volte abbiamo sentito frasi del genere, nei discorsi comuni, ma anche sulla stampa, alle trasmissioni televisive, in dibattiti e conferenze. Ripetute in modo acritico da giornalisti, politici, opinion-makers, conduttori di talk-show e qualche volta persino da raffinati intellettuali, temporaneamente prestati alla chiacchiera da bar.

Proviamo a mettere tra parentesi la naturale repulsione che suscitano (almeno a gente come me) discorsi del genere, e poniamoci una domanda: ammesso e non concesso che gli immigrati sono troppi, o che in Italia arriva troppa gente “indesiderabile” (delinquenti, fannulloni, criminali ecc.), davvero le espulsioni sono una terapia utile, efficace, sensata? Quanti sanno che, negli ultimi venti anni, lo Stato ha speso somme ingenti per le cosiddette politiche di contrasto all’immigrazione clandestina e che, nello stesso arco di tempo, le forze di polizia non sono riuscite ad allontanare più del 13% dei migranti irregolari? Proviamo allora a guardare i dati più da vicino, e a riflettere meglio.

I dati di una disfatta

Vi propongo la mia consueta tabella esplicativa, dove ho messo dati riferiti ad anni diversi, tutti compresi tra il 1990 e oggi. Nella seconda colonna ci sono, per ciascun anno preso in esame, i cosiddetti rintracci: il numero, cioè, di stranieri irregolari trovati dalle forze dell’ordine. Nella terza colonna trovate invece i rimpatri: le persone che, una volta rintracciate, sono state effettivamente rinviate al loro paese. Questi dati, tratti dagli annuali Dossier Statistici della Caritas (su fonti del Ministero degli Interni), prendono in considerazione sia le espulsioni sia i respingimenti alla frontiera: come si potrà intuire, le espulsioni colpiscono gli stranieri che si trovano irregolarmente in Italia, mentre i respingimenti riguardano coloro che provano ad attraversare il confine, ma sono allontanati perchè non hanno il titolo di ingresso (visto o altro tipo di formalità burocratica). Nella quarta colonna trovate infine la percentuale di stranieri effettivamente rimpatriati in rapporto a quelli rintracciati. Fermiamoci un momento ad analizzare quest’ultimo dato.

Anno Rintracci Rimpatri % rimp. su coinv. Stima irregolari % rintr. su irreg. % rimp. su irreg.
1990 13.012 3.662 18,1 235.000 (legge Martelli) 5,54% 1,56%
1991 28.733 4.927 17,1 293.000 (ISMU) 9,81% 1,68%
1995 58.884 7.287 12,4 256.000 (decreto Dini) 23% 2,84%
1998 44.021 8.978 20,4 250.000 (Turco-Napolitano) 17,6% 3,59%
2002 149.783 88.501 59,1 702.000 (legge Bossi-Fini) 21,34% 12,61%
2005 119.923 65.617 45,3 500.000 (Caritas) 23,98% 13,12%
2006 124.383 45.449 36,5% 540.000 (decreto flussi) 23,03% 8,41%

La punta massima di “efficacia” del sistema è stata raggiunta nel 2002, quando su 10 stranieri trovati dalla polizia ne sono stati effettivamente espulsi poco meno di 6. Negli anni precedenti gli “irregolari” effettivamente allontanati in rapporto a quelli rintracciati erano circa un quinto, mentre nel periodo successivo l’efficacia del sistema è andata calando: 45% nel 2005, e 36,5% nel 2006. Restiamo per ora agli anni più “brillanti”: anche nei casi migliori, più del 40% dei migranti trovati dalle forze dell’ordine non è stato allontanato. Un bel risultato!

Ma andiamo avanti, e torniamo alla tabella: non abbiamo ancora finito di analizzarla tutta. Nella quinta colonna trovate una stima, anno per anno, degli stranieri irregolari presenti nel nostro paese. Si tratta di stime, perchè naturalmente i “clandestini” non sono censiti nè censibili (sennò che clandestini sarebbero?). Però un ordine di grandezza si può ricavare da dati indiretti. Per esempio, nell’arco di venti anni sono state varate alcune sanatorie, che consentivano agli immigrati irregolari in possesso di determinati requisiti di chiedere un permesso di soggiorno: le domande di regolarizzazione presentate ci danno un’idea, approssimativa ma sostanzialmente attendibile, del numero di stranieri irregolari presenti in quel dato anno. In altri casi, ho inserito le stime effettuate da istituti di ricerca: le quali, è bene dirlo, sono sempre di dubbia attendibilità, e quasi sempre approssimate per difetto.

Sulla base di questi dati trovate, nelle ultime due colonne, le informazioni più preziose. Nella penultima colonna trovate la percentuale di rintracciati sul totale degli irregolari: in altre parole, quante persone sono state effettivamente trovate dalla polizia, in rapporto a tutte quelle effettivamente presenti da “clandestine”. E qui le cifre si fanno scoraggianti: nel migliore dei casi, le forze dell’ordine hanno “trovato” meno di un quarto dei migranti irregolari effettivamente presenti nel nostro paese, mentre gli altri tre quarti sono rimasti “invisibili”. Nell’ultima colonna, infine, c’è la percentuale di persone rimpatriate (cioè allontanate e rimandate ai rispettivi paesi di origine) in rapporto al numero di “clandestini” ipoteticamente presenti: si viaggia, in questo caso, su percentuali sempre inferiori al 15%. E si tratta di dati sovrastimati, perchè in questo caso bisognerebbe togliere i respingimenti…

Riassumiamo. In venti anni di onorato servizio, il nostro sistema di contrasto all’immigrazione clandestina ha “individuato” ogni anno meno di un quarto dei migranti irregolari presenti in Italia, e ne ha allontanati circa il 15%. In pratica, si è cercato di svuotare l’oceano con un cucchiaino…

Perchè le espulsioni non funzionano

Quali sono le ragioni di questa vera e propria disfatta del sistema? Perchè le nostre polizie sono così inefficienti?

A questa domanda c’è una risposta semplice, che come tutte le risposte semplici è sbagliata: l’Italia è lassista, le regole ci sono ma non si rispettano, i nostri politici non vogliono davvero combattere l’immigrazione clandestina. In realtà, nel periodo immediatamente successivo al varo della legge Bossi-Fini lo Stato italiano ha investito, nel contrasto all’immigrazione clandestina, circa l’80% delle risorse pubbliche destinate alle politiche migratorie. In altre parole, ad allontanare gli irregolari ci si è provato, e ci si è provato davvero (troppo, verrebbe da dire).

C’è una seconda possibile risposta, più complessa e – a mio avviso – più vicina al vero: le espulsioni sono un sistema vecchio, inadeguato, rigido e dunque inevitabilmente fallimentare. Vediamo brevemente perchè.

C’è anzitutto un problema di costi: per ogni espulsione si devono mobilitare mezzi di trasporto per il rimpatrio – autobus, aerei e navi -, uomini della forza pubblica, addetti alle procedure amministrative e quant’altro. Secondo una stima fornita dalla stessa Polizia di Stato, aggiornata al 2004, una espulsione costa in media allo Stato circa 2-3.000 euro [Fonte: intervista a Giovanni Aliquò (Associazione Nazionale Funzionari di Polizia, portale Stranieri in Italia (www.stranieriinitalia.com), notizia del 27 Agosto 2004]. Rimpatriare tutti gli irregolari significherebbe spendere dai due ai tre miliardi di euro solo per l’allontanamento degli stranieri, senza contare le inevitabili spese “indirette”: per esempio, impiegare tutto il personale di polizia esclusivamente sull’immigrazione comporterebbe il disimpegno delle forze dell’ordine su altri “fronti”, che andrebbe compensato con nuove assunzioni a loro volta costose ecc.

Ci sono poi i problemi legati all’identificazione dei migranti irregolari. Spesso, coloro che vengono espulsi non hanno passaporto nè documento di identità. Così, quando vengono riaccompagnati alla frontiera e consegnati alle autorità dei propri paesi, accade che le polizie straniere si rifiutino di accoglierli: senza documenti, infatti, non è possibile dire con certezza se il migrante è davvero cittadino del paese nel quale viene riaccompagnato. In questo modo, l’espulsione di persone prive di passaporto comporta sempre lunghi contenziosi tra polizia italiana e autorità straniere, durante i quali – come è facile immaginare – gli interessati riescono quasi sempre a scappare. Per ovviare a questo problema si sono costruiti i Centri di Permanenza Temporanea (destinati appunto al trattenimento in attesa di espulsione): ma questi, oltre ad essere molto costosi, sono di dubbia costituzionalità e di scarsa efficacia (molti dei trattenuti vengono, alla fine, rilasciati in territorio nazionale).

Vanno poi citati i problemi di natura normativa e costituzionale. Molti immigrati non si possono espellere, o perchè sono cittadini comunitari (gli stranieri provenienti da paesi dell’Unione Europea hanno diritto al soggiorno, e possono essere allontanati solo in casi molto particolari), o perchè sono inespellibili per altri motivi. L’allontanamento dal territorio è una misura che incide sulla libertà personale, e quindi è una faccenda delicata…

Questi ragionamenti, che qui ho appena abbozzato, ci dicono che l’espulsione è uno strumento rigido, costoso, spesso inapplicabile: e questo a prescindere da valutazioni di ordine politico, o addirittura etico, sulla sua legittimità. L’immigrazione (anche, e forse soprattutto, quella irregolare) è un fenomeno complesso, transnazionale, che non si può risolvere con l’atto unilaterale di un singolo Stato che dice “non ti voglio quindi vattene”…

Chi invoca le espulsioni come strumento normale di governo delle presenze “clandestine” non sa di cosa sta parlando: o fa finta di non saperlo…

Sergio Bontempelli, 16 Marzo 2008